La grindadráp nelle Isole Faroer : approccio geografico di una controversia ambientale
Lionel Laslaz, maître de conférences HDR en géographie et aménagement - Université Savoie Mont Blanc
Traduction :
Cesare Censi, Directeur scientifique de la revue Il Polo
Voir l'original en français : « Le grindadráp aux Îles Féroé : approche géographique d’une controverse environnementale » Questo è la traduzione d'un articolo in francese di 2019 : « Le grindadráp aux Îles Féroé : approche géographique d’une controverse environnementale » |
Bibliografia | citare l'articolo | français | italiano
«Le azioni di Sea Shepherd hanno avuto l’effetto opposto di quello per il quale affermano di essere presenti – il blocco della grindadráp. Prima delle manifestazioni, le persone avevano poco interesse per la caccia alla balena, stava declinando. Poi, l’interesse per la grindadráp è cresciuto, le azioni delle ONG hanno provocato una più grande coesione attorno a questa pratica tra i Faroesi». Queste proposte, raccolte da un giovane membro dell’associazione Grindamannafelagið((L’Associazione Faroese dei Cacciatori di Balene, raggruppante i partecipanti alla grindadráp.)) durante un’intervista, sottolineano un paradosso spesso esposto durante il nostro lavoro sul campo alle isole Faroer (Pouillon, 2018). L’ONG Sea Shepherd, che ha condotto questi ultimi anni azioni contro la caccia ai cetacei nelle isole Faroer (la grindadráp) con la contrapposizione e il sabotaggio sul campo - attraverso il diritto a vari livelli e con campagne mediatiche - è oggetto di grandi contestazioni da parte dei Faroesi per le sue azioni giudicate intrusive, militari, alienanti e senza ragione. Alcuni rimettono in causa l’efficacia delle sue azioni affermando l’effetto inverso a quello atteso da Sea Shepherd: un ritorno di interesse per questa pratica.
La grindadráp è al centro di un conflitto ambientale che oppone dagli anni '80 ONG ambientaliste e gli abitanti delle isole Faroer. Fortemente pubblicizzate nel momento degli interventi di queste ONG, le immagini della grindadráp lasciano raramente indifferente l’occhio dello spettatore. In occasione delle campagne più recenti, con la crescita dei social network, la grindadráp riunisce in gran numero a livello internazionale principalmente contro di essa. Dall’interno, fa parte integrante della società faroese ed è sostenuta dalla maggior parte degli abitanti. Il processo conflittuale che ne deriva si articola in vari campi argomentativi, specialmente l’anteriorità (registro classico in un conflitto ambientale; Laslaz, 2005), la necessità, la sostenibilità o ancora la moralità. Questo conflitto interessa il geografo a vari titoli: la pratica locale che mobilita organizzazioni internazionali, comporta gradi diversi e solleva grandi dibattiti sociali. Iscritta nella società faroese e nel suo ambiente in una prospettiva di forte gradazione scalare, la grindadráp può essere guardata come un oggetto polemogeografico((La polemogeografia (dal greco polemos, guerra) è lo studio spazializzato dei conflitti. Si tratta di interessarsi dei rapporti di forza tra gli attori attraverso la loro traduzione nei luoghi (di occupazione), nei siti (di scontro), delle strategie di elusione, di contorno, di evasione. Postula che lo spazio non è una struttura, ma un dispositivo socializzato del conflitto (Laslaz, 2005 et 2016a).)). A Nord-Ovest del continente europeo, diciotto isole formane l’arcipelago delle Faroer, situato nell’oceano Atlantico settentrionale alla stessa distanza dall’Islanda a Nord-Ovest e dalla Scozia a Sud, tra 61°20 e 62°24 latitudine Nord (Raoulx, 1992). Con una superficie di 1 399 km², le Faroer (Fær Œer) sono popolate da 51 371 abitanti (1 gennaio 2019, Hagstova Føroya((Banca dati di statistica faroese.)) con una densità media di 36 abitanti/km² (3 in Islanda)((La popolazione raggiungeva 8 900 abitanti nel 1860, 24 200 negli anni 1930 e 48 000 nel 1990 (Zimmermann, 1933 ; Raoulx, 1990).)). Come su quest’ultima isola, la popolazione è variamente ripartita sul territorio e si concentra principalmente nella capitale((Il termine è giustificato dal fatto che le Faroer sono considerate come «nazione costitutiva della Danimarca». Colonizzate dai norvegesi nel IX secolo, sotto i danesi nel XIV secolo, le Faror sono direttamente collegate dal 1709 prima di ottenere uno status autonomo nel 1948 (con governo e parlamento locali), rivendicato fin dal 1906. La lingua faroese è la lingua ufficiale.)) Tórshavn con 13 131 abitanti (26% della popolazione).
Fotografia 1. Città e porto di Tórshavn, la capitale delle Faroer, dall'alto
Visualizza in alta risoluzione. Fabien Pouillon, marzo 2018. |
Questa macrocefalia è ancora più marcata integrando i due comuni adiacenti Tórshavn che formano una unità urbana con questa ultima: Argir (2 143 abitanti) a Sud e Hoyvík (3 942) a Nord, concentrando più del 38% della popolazione. Seconda città dell’arcipelago, Klaksvík conta 4 777 abitanti. Le comunità si organizzano fondamentalmente attorno ai villaggi poco popolati: il 90% dei comuni contano meno di 1 000 abitanti e il 52% meno di 100 abitanti, per una popolazione media per comune di 92 abitanti.
Carta 1. Le isole Faroer in EuropaCartes de Fabien Pouillon, 2018. |
Carte 2. Una distribuzione irregolare della popolazione delle isole Faroer, concentrata principalmente nella capitale |
I vichinghi hanno portato la grindadráp nell’arcipelago nel X secolo. Questo metodo di caccia esiste solo qui, anche se può somigliare ad altre pratiche contemporanee di caccia ai cetacei – rare nel mondo. La balena pilota (Delphinus globiceps), un piccolo cetaceo appartenente alla famiglia dei delfinidi, è la principale – ma non l’unica – specie cacciata. Il faroese grindadráp rimanda a grind per «globicefalo» e a dráp per «uccidere» (Joensen, 2009). La parola grind è anche impiegata per definire il prodotto della caccia (la carne e il grasso). Quindi, grindadráp traduce una progressione di un senso (l’animale, il simbolo marino e l’oggetto di interesse) all’altro (la carne, l’uso dell’animale e la finalità della caccia).
Dalla controversia largamente mediatizzata alla sua cristallizzazione conflittuale sul campo, l’opposizione degli attori impegnati si traduce con modalità spaziali diverse. Questo articolo si propone di interessarsi di questa tensione attorno alla grindadráp come prisma di analisi delle modalità di gestione del vivere comune. Confrontando i registri delle opposizioni scalari del conflitto ambientale (il Qui e l’Altrove, l’anteriorità della pratica contro l’evoluzione contemporanea del rapporto con la natura), questa controversia presenta il paradosso di aver migliorato le tecniche di caccia, rafforzando la tensione federativa attorno al principio stesso dell’incriminazione di quest'ultimo. Si tratta, quindi, di una classica figura di conflitto ambientale che passa attraverso una messa in scena e agisce come attivatore di coesione sociale contro le interferenze esterne.
Inizialmente sarà presentato lo svolgimento della caccia, che ci permetterà di capire come partecipa alle interazioni sociali e come conforta una certa gerarchia della popolazione dell'arcipelago. In particolare, verranno spiegate le logiche spaziali della caccia e della distribuzione con i loro luoghi dedicati. In un secondo momento, saranno decifrati i giochi degli attori a lavoro, sia che si tratti dei metodi degli oppositori poi delle reazioni che questi generano nei praticanti e più in generale tra i Faroesi. Pertanto, fare un passo indietro consente di collocare la controversia intorno alla grindadráp in uno spettro di analisi più generale.
|
1. Scene di caccia e giochi degli attori a lavoro
La grindadráp comprende molte fasi che coinvolgono persone di status, funzioni e ruoli diversi. Dietro l’immagine molto disordinata diffusa dalle televisoni che fanno vedere la macellazione e hanno lo scopo di suscitare disgusto, si nasconde una pratica socialmente codificata, gerarchizzata e spazialmente ben organizzata (Fielding e al., 2015). Dall’individuazione del banco dei cetacei alla distribuzione delle parti dopo la macellazione, la caccia riveste un ruolo importante nella struttura sociale (Singleton e Fielding, 2017) e nell’organizzazione spaziale delle isole Faroer.
1.1. Una caccia per raggruppamento e arenamento altamente regolamentata e gerarchizzata
Lo svolgimento della grindadráp richiede un impegno volotario e amatoriale della comunità, in cui ogni partecipante ha un ruolo specifico in un sitema gerarchizzato. Questa organizzazione è segnata dal luogo della grindadráp nella storia delle isole Faroer: l’isolamento e il clima rigido hanno reso difficile lo sfruttamento delle risorse terrestri e hanno dato alle specie marine (in particolare ai cetacei) un carattere provvidenziale, potendole mettere al riparo dalla fame. Quindi, l’individuazione del banco dei cetacei ha costituito una tappa fondamentale che può condizionare la sua cattura o la sua perdita, e la sua segnalazione è obbligatoria (Joensen, 2009). Questa individuazione è tuttavia lasciata alla fortuna e viene effettuata per lo più dai pescatori in mare.
Disegno 1. La direzione del banco verso la baia di macellazione
Una volta segnalato il banco, le navi si radunano, lo raggruppano e lo dirigono con un metodo simile a quello utilizzato per il bestiame ovino (disegno 1). Per fare questo, le navi formano un semicerchio attorno al banco e la parte concava dell’arco così costituita dà la direzione desiderata verso l’apertura (disegno 1, posizione 1). Le balene pilota, scappando per il rumore delle navi e degli uomini, sono così dirette verso la baia. In passato, il banco era «nascosto» a una certa distanza dal possibile luogo di macellazione (disegno 1, posizione 2) per permettere ai cacciatori di attrezzarsi e prepararsi per l’ultimo spostamento verso la costa: il banco circondato è calmo e alcune navi fanno avanti-indietro verso la spiaggia per prendere strumenti utili all’arenatura e alla macellazione (Joensen, 2009). Oggi, la rapidità delle navi a motore rende spesso questo passaggio superfluo, essendo il banco «nascosto» solo quando le condizioni del mare rendono troppo complicata l’arenatura immediata del banco.
L'ultima fase prevede che il banco dei cetacei sia arenato per essere abbattuto. Le navi riprendono la loro posizione ad arco se il banco è stato «nascosto» (disegno 1, posizione 3) e gli equipaggi fanno il maggior rumore possibile per spingerlo nelle acque più basse, finché si areni.
Fotografia 2. Il paese di Bøur, in fondo alla baia (isola di Vágar)
Bøur, con la sua spiaggia dove si pratica la grindadráp, è un piccolo villaggio rappresentativo di queste comunità umane isolate da lungo tempo. |
Le varie fasi della grindadráp sono sottoposte a un insieme di regole che danno ai diversi partecipanti ruoli specifici durante la caccia (Joensen, 2009; Kerins, 2010). Il sýslumaður, un ufficiale di polizia responsabile dell'intero processo, prende la maggior parte delle decisioni per le grindadráp che si svolgono nel suo distretto, che vanno dalla scelta della baia di macellazione alla parte delle catture concessa ai vari beneficiari. Inoltre, assegna i ruoli ricoperti dai diversi partecipanti. Il sýslumaður è assistito da grindaformenn (quattro per baia), assistenti di caccia eletti pubblicamente.
Questa macellazione è consentita solo su alcune spiagge, riconosciute ufficialmente per le loro caratteristiche che ne garantiscono la sicurezza e l'efficacia. La spiaggia deve essere sufficientemente ampia, sabbiosa, dolcemente e uniformemente inclinata per evitare che i cetacei sentano un ostacolo di fronte a loro e per permettere ai cacciatori a terra di avanzare in acqua verso i cetacei senza perdere l’equilibrio. Oggi, la grindadráp è autorizzata su 23 spiagge (carta 2), la maggior parte delle quali associata ai villaggi vicini. I loro abitanti si riuniscono intorno alla spiaggia per osservare la macellazione e i cacciatori sulla terraferma per preparare l'attrezzatura da caccia e attendere l'arenamento.
Carta 4. Luoghi dove si pratica la Grindadráp nelle Isole Faroer
Fotografia 3. Spiaggia di Sandagerð (Tórshavn) dove si pratica la grindadráp
Visualizza in alta risoluzione. Foto: Fabien Pouillon, marzo 2018. |
Dal 2015 è necessario avere un permesso per partecipare a una caccia, ottenuto dopo aver completato i corsi sull'uso della «lancia rachidiana» (foto 1) - un nuovo strumento introdotto lo stesso anno su pressione delle ONG per un metodo di macellazione più «umano». Quando i cetacei sono in acque poco profonde o arenati, i cacciatori sulla spiaggia avanzano verso di loro, il cacciatore di testa inserisce nello sfiatatoio della balena un gancio collegato con una corda (foto 2) e altri issano il cetaceo per stabilizzarlo ai margini della spiaggia. Un secondo cacciatore viene a macellare il cetaceo con questa lancia che seziona la colonna vertebrale e le arterie adiacenti.
Fotografie 4 e 5. Lancia rachidiana (sopra) e gancio per lo sfiatatoio (sotto)
Foto di B. Hanusson, 2016. Per gentile concessione dell'autore. |
Infine, il collo del cetaceo viene tagliato ai lati per drenare il suo sangue. L'animale poi è issato sul molo o riportato sulla spiaggia sopra il punto di alta marea e svuotato delle sue interiora prima della valutazione e distribuzione delle parti (Joensen, 2009; Kerins, 2010).
Fotografia 6. Grindadráp a Porkeri (isola di Suðuroy)
Scuoiatura di animali, condivisione della carne e del grasso di balena, davanti una parte del paese. Foto: Erik Christensen, 7 aprile 2005, sotto licenza Creative Commons cc-sa (fonte). |
|
Grafico 1. Una visione diacronica della caccia ai cetacei nelle isole Faroer tra il 1951 e il 2017
Fonte: http://www.hagstova.fo/en, febbraio 2019. Realizzazione L. Laslaz e J.-B. Bouron, 2019. |
Il grafico 1 mostra la portata del fenomeno, il suo forte aumento negli anni '70 e il suo declino dalla metà degli anni '90, forse in concomitanza con la mobilitazione internazionale. Tuttavia, solo il 2014 è stato segnato da un'attiva campagna di sabotaggio da parte della Sea Shepherd per impedire direttamente la caccia: pattugliamenti in mare, deviazione dei banchi di balene pilota. Occorre, pertanto, cautela in quanto questi cambiamenti sono legati alla casualità dell'individuazione, alle dimensioni del banco, alle fonti alimentari situate altrove in certi anni, alle caratteristiche delle diverse correnti e, meno aleatoriamente, al successo della caccia. Tuttavia, un maggiore interesse della popolazione per la caccia non si traduce necessariamente in un aumento del numero delle cacce; a titolo di paragone, il bilancio della caccia negli anni '30 era stimato in 350 o 400 capi nelle buone annate (Zimmermann, 1933, p. 52).
1.2. La redistribuzione: dalla logica collettiva alle pratiche individualiste
In passato, la grindadráp ha permesso alle isole Faroer di garantire una certa sicurezza alimentare a tutte le comunità. Oggi, la redistribuzione ha ancora luogo e tutti i Faroesi hanno diritto a una parte del pescato quando una grindadráp ha luogo su una spiaggia associata al distretto di appartenenza. La «parte residenziale» viene così redistribuita agli abitanti solo quando la cattura consente di compensare i danni materiali e fisici legati alla caccia e quando i partecipanti - che vi hanno investito tempo, risorse materiali o finanziarie - hanno ricevuto la loro parte come riconoscimento di questo impegno (Joensen, 2009).
Carta 5. Un'organizzazione spaziale per distretti secondo la baia di macello
Se segnalare l'ubicazione di un banco è oggi facile grazie alle apparecchiature elettroniche, fino alla seconda metà del XX secolo era necessario venire a patti con l'insularità per trasmettere le informazioni (Joensen, 2009). Il "grindaboð" è il messaggio trasmesso da una staffetta di villaggio in villaggio per informare sulla presenza di cetacei. Poiché la distanza temporale può essere elevata, le condizioni difficili e l’insularità molto pronunciata, è stato predisposto un sistema di comunicazione per affrontare queste asperità. Nelle isole settentrionali dell'arcipelago, il grindaboð è stato così trasmesso tra le diverse isole e comuni in modi diversi (id.), con segnali di fumo, corridori, vogatori o gridando.
Carte 6. Il passaggio del grindaboð : affrontare l’insularità
2. Le modalità di una controversia in sospeso
Di livelli scalari opposti, gli attori della controversia si organizzano intorno a valori e problemi difesi o attaccati, polarizzandosi sui nodi e collegandosi attraverso vari legami, dando forma e sostanza alle tensioni. Svelando e confrontando le posizioni dei vari attori della controversia, è possibile mettere in evidenza una matrice del conflitto dai dati raccolti attraverso un questionario, interviste, osservazioni sul campo, ma anche scambi sui social network. Contraddistinta da una forte binarietà, questa matrice evidenzia due posizioni opposte: gli attori locali che sostengono per la maggior parte la grindadráp e gli attori esogeni che vi si oppongono.
2.1. La posizione degli avversari e la contestazione dei loro metodi
Poco conosciuta e poco pubblicizzata al di fuori delle Isole Faroer e dei paesi nordici prima della fine del XX secolo, la grindadráp era allora una caratteristica locale senza alcuna opposizione reale. Le prime forme di polemica seguirono l'arrivo delle ONG e la loro mediatizzazione della caccia negli anni '80. L'ONG Greenpeace è stata la prima a recarsi nelle Isole Faroer per documentare la caccia alle balenottere comuni nel 1981; i suoi attivisti ripartirono dopo aver assistito a tre grindadráp condannando questa pratica. La sua "scoperta" in Europa suscitò forti proteste, l'invio di migliaia di lettere, petizioni ed e-mail al governo delle isole Faroer. La grindadráp venne portata alla Commissione Baleniera Internazionale, che si rifiutò di assoggettarla al suo regolamento perché riguardava solo piccoli cetacei. Greenpeace si ritirò dall'opposizione nel 1985 per le modifiche apportate al metodo di macellazione su richiesta delle ONG per renderlo più umano (vietando alcuni strumenti sostituiti da altri) e riconoscendo la natura "tradizionale" e di sussistenza della caccia. Paradossalmente, le contestazioni alla grindadráp ne garantiscono la durata nella misura in cui comportano un'evoluzione delle tecniche utilizzate. Il secondo intervento di una ONG ha avuto luogo nel 1986 con Sea Shepherd((Lo slogan dell'ONG è "Be a whale warrior"; il suo leader, P. Watson, è un ex membro di Greenpeace che ha lasciato questa associazione - che riteneva troppo morbida - per creare Sea Shepherd Conservation Society nel 1977 e sostenere metodi più radicali che teorizzava (Watson, 2015). A seguito di una collisione di navi che pescavano squali per le loro pinne al largo del Costa Rica nel 2002, è stato emesso un mandato di arresto internazionale che lo ha portato al suo arresto nel 2012 a Francoforte sul Meno. Anche il Giappone ha richiesto la sua estradizione, designando come "eco-terrorista" quello che si rifugiò in Francia nel 2014-2015. Fu poi descritto come il "primo rifugiato politico ecologista" e oggi è ancora ricercato dall’Interpol (Laslaz, 2016a).)) che trasmise ampiamente le immagini della grindadráp nei media. Rimane l'organizzazione principale per condurre azioni regolari nelle Isole Faroer, e di gran lunga la più riuscita. Da allora, molte ONG in tutto il mondo sono state coinvolte nella controversia e Sea Shepherd è sempre in campagna dal 2016 ("Operazione Bloody Fjords"), questa volta da un punto di vista politico e giuridico, senza interventi sul campo.
Le 56 risposte ai questionari riassumono in forma di matrice conflittuale le opinioni ed evidenziano i diversi campi di argomentazione che polarizzano la posizione degli oppositori, riflettendo le informazioni divulgate dalle ONG. Le risposte descrivono principalmente l'uccisione dei cetacei, di gran lunga la fase più pubblicizzata attraverso immagini sanguinose, ignorando così il ruolo strutturante di questa pratica per la società faroese. Le parole usate dagli oppositori riflettono questa rappresentazione della grindadráp, essendo la macellazione quasi l'unico oggetto descritto. Questa caccia è percepita dai suoi oppositori come una pratica inutile, crudele e superata, scollegata dalla società o da esigenze economiche.
Documenti 1 e 2. Le Isole Faroer e la grindadráp attraverso le risposte degli avversari
2.2. La posizione dei sostenitori per la perpetuazione di un'attività federativa
La maggior parte dei Faroesi difende la grindadráp in quanto fa parte di un insieme di pratiche di sussistenza ancora in uso nelle isole Faroer, tra cui la caccia agli uccelli marini e la pesca (Kerins, 2010). Maurice Zimmermann (1933, p. 52) ha ricordato che la popolazione contadina all'inizio del secolo privilegiava la pecora (che ha dato il nome all'arcipelago; 105.000 nel 1905, 64.000 nel 1930, 70.000 pecore nel 1990 fino a oggi) rispetto alle colture (orzo, patate, rape), prima di dedicarsi massicciamente alla pesca tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo: questa conversione alieutica è quindi tardiva e l'idea di una civiltà del mare in questo arcipelago profondamente terrestre, caratterizzato dal bygd (i bygdir sono i villaggi), deve essere relativizzata (Raoulx, 1990, p. 134). La salatura del pesce (klipfisk, merluzzo salato e secco) ha contribuito all'esportazione e all'espansione dell'attività della pesca.
Fotografia 7. Paese e porto di Klaksvík, in fondo alla baia
Le profonde insenature delle baie e l'importanza della pastorizia segnano il paesaggio delle Isole Faroer. |
La grindadráp è parte integrante della società, la carne e il grasso della balena pilota sono consumati regolarmente e insieme a questi altri consumi rappresentano una parte importante della dieta delle isole Faroer. La necessità di investimenti collettivi e il ruolo comunitario della grindadráp hanno contribuito alla creazione e al mantenimento dei legami sociali; oggi, essendo controversa e rappresentando un'alternativa economica e culturale (Bogadóttir & Olsen, 2017) al commercio tradizionale, sta generando coesione e nuovo interesse, soprattutto tra i giovani. Le opinioni dei sostenitori raccolte attraverso il questionario, aiutano a mettere in evidenza il dialogo alla base della controversia. Gli argomenti usati dagli abitanti rispondono in gran parte alle parole usate dagli oppositori per descrivere la grindadráp, sottolineando i valori dell'alimentazione, dell'utilità ecologica ed economica e il suo posto nella cultura delle isole Faroer.
Documenti 3 e 4. Le Isole Faroer e la grindadráp attraverso le risposte dei sostenitori
«La grindadráp è una parte della nostra cultura che dovrebbe essere inclusa nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO. È importante prendersi cura di questa eredità, che fa parte della nostra storia e che potrebbe andare perduta per sempre», ci risponde Ólavur Sjurðarbjerg, presidente dell'associazione Grindamannafelagið, in un'intervista (Pouillon, 2018). La tradizione è un valore centrale nella controversia avanzata da entrambe le parti per far apparire la grindadráp come un accessorio o, al contrario, un rituale.
Tramandata di generazione in generazione, il suo valore patrimoniale e il suo ancoraggio nella società delle isole Faroer gli conferiscono il suo carattere tradizionale, argomento spesso utilizzato nei conflitti ambientali. Nel 1985, l'Associazione Faroese dei Cacciatori di Balene (Grindamannafelagið) è stata creata per comunicare e informare sulla grindadráp all'estero e nell'arcipelago. Nonostante la sua natura insulare, quest'ultimo è sempre stato collegato al mondo economico e politico esterno, con la costruzione di una società con o contro tali influenze.
Al di là del suo valore economico e alimentare, la grindadráp svolge un ruolo di collegamento sociale (Kerins, 2010). Prima dello sviluppo del trasporto veloce a motore nelle Faroer, era un'opportunità di incontro e scambio per diverse comunità (Joensen, 2009) e per costruire e mantenere reti di conoscenza e scambi matrimoniali.
Fotografia 8. Veduta dell'isola di Eysturoy dall'elicottero con un villaggio isolato rivolto verso l'entroterra, accessibile dalla strada
Visualizza in alta risoluzione. Foto: Fabien Pouillon, marzo 2018. |
Oggi, questo ruolo di collegamento è diminuito ed è stato sostituito da un effetto di coesione nazionale attorno a una pratica da difendere contro le ingiunzioni esterne. «Ci uniscono intorno alla grindadráp. Hanno suscitato l'interesse dei giovani, non perché siano interessati alla caccia, ma perché viene loro imposto un altro modo di vivere. Dovremmo essere controllati a distanza da New York, Parigi, Londra. Qui si crea una reazione difensiva e per questo potete ringraziare Sea Shepherd», ha detto Hans Jakob Hermansen durante una discussione sul film documentario The Islands and the Whales (Day, 2016). I metodi diretti di intervento e sabotaggio utilizzati da questa ONG nelle sue recenti campagne hanno lasciato un forte senso di incomprensione e alienazione nelle isole Faroer. Gli argomenti e i metodi usati da questi attori esogeni sono vissuti in questo arcipelago come "imperialismo culturale" ed "ecoterrorismo" (termini usati nelle interviste), rafforzando la mobilitazione dei Faroesi intorno alla grindadráp. Questa reazione è in linea con l'analisi di Denis Retaillé (2005, p. 192), che afferma che "i luoghi della controversia sono anche momenti di costruzione dell’identità nella gestione a distanza". In questo contesto, il trattamento degli animali è diventato fondamentalmente politico - nel senso primario del termine – con la gestione della convivenza. Poiché catalizza legami sociali e rivendicazioni culturali, la controversia unisce.
2.3. Una controversia in fase di pacificazione da sostituire più in generale nel dibattito sulla caccia ai cetacei
Nei giochi degli attori precedentemente descritti, le fasi conflittuali sono diventate rare, puntuali nel tempo e nello spazio. La controversia (Tricot, 1998; Mounet, 2007) prevale ora con una grandezza spaziale, temporale e attoriale minore rispetto alla tensione o al conflitto (Laslaz, 2015 e a comparire 2019). Quest'ultimo derivava dalla strategia attuata da Sea Shepherd di imbarcarsi sulle navi che catturavano le balene pilota in una baia. All’epoca c'erano forme di alterco, violenza verbale o anche fisica. Dopo un picco nei primi anni del 2010, gli scontri tra attori sono scomparsi dal 2016, gli attivisti delle ONG non sono più sul posto (cfr. 2,1). Prima di tutto perché la pratica è regredisce, con l’erosione della tradizione. Poi, perché Sea Shepherd ha trovato altri fronti di guerra (tra cui la lotta contro la pesca delle pinne degli squali usate nella farmacopea e nella cucina asiatica, la difesa delle tartarughe marine...).
Ora, quando gli attivisti scacciano semplicemente i cetacei, non c'è più alcuna forma evidente di violenza. Parallelamente, quella molto reale esercitata durante il massacro delle balene pilota, eretta come simbolo di natura e innocenza (Van Ginkel, 2005 e 2007), è sentita anche come un'aggressione da parte degli attivisti della vita animale e marina. Questa violenza è ampiamente pubblicizzata e trasmessa dalle acque rosse di sangue delle baie dove si pratica la grindadráp: attraverso la proiezione di immagini, il parossismo del conflitto si cristallizza. Tuttavia, anche se l'intensità del conflitto è in diminuzione, i discorsi che oppongono arcaismo o passatismo e modernità, interesse locale e interesse generale o addirittura globale, economia a breve termine e disinteresse, violenza e rispetto per la vita, continuano a strutturare la comune retorica dei conflitti ambientali.
D'altro canto, la violenza resta simbolica nel senso che, attraverso le loro azioni, le ONG attaccano quella che i Faroesi considerano una tradizione e uno stile di vita. La protesta contro la grindadráp si è così spostata in pochi anni dalla fase di distruzione e degrado materiale a quella della manifestazione, in particolare attraverso i social network, segnando un calo della violenza materiale nel conflitto.
Documento 5. Un tentativo di classificazione della violenza legata ai conflitti ambientali
Fonte: Lionel Laslaz, 2016a. |
Inoltre, le posizioni dei vari attori si basano su punti di vista antropocentrici, compresi quelli degli ambientalisti. Questi ultimi attribuiscono sentimenti alle balene pilota, postulando il loro carattere inoffensivo, rafforzando la loro simpatia nei confronti del pubblico in generale. Ciò testimonia la forte dimensione simbolica accordata agli animali marini (Kalland, 1993), in un contesto di crescente lavoro sulla geografia umana (Estebanez e al., dir., 2013; Estebanez, 2017). La grindadráp fa parte di quella che Tim Ingold (2012, p. 183) definisce una "ecologia della sensazione", mantenuta attraverso le relazioni con gli animali e altri elementi dell'ambiente.
Essendo diventato un problema pubblico, il dibattito sulla grindadráp (Céfaï, 1996) dovrebbe essere visto in un contesto più ampio che coinvolga diverse scale di tempo e spazio. In primo luogo fa parte del rifiuto della caccia commerciale e industriale alle balene, di cui la Norvegia e il Giappone, a volte l'Islanda, sono stati i protagonisti fin dagli anni '80. Questo ha portato a un dibattito sulla moratoria della caccia ai cetacei, ottenuta nel 1982 e in vigore dal 1986, anche se gli Stati derogano alle regole internazionali aprendo quote (Norvegia) o rivendicando una "pesca scientifica", un modo per il Giappone di prendere molti cetacei senza che lo scopo scientifico sia realmente stabilito (Delmas, 2017). Inoltre, questo dibattito si sta ampliando per quanto riguarda la protezione degli spazi marini, in relazione al sorgere delle aree marine protette dal 1975 e ai progetti di santuarizzazione in acque internazionali, o addirittura in alto mare nel suo complesso.
In secondo luogo, questo dibattito riguarda la conversione delle economie della pesca (caccia alle balene) verso la valorizzazione dello spettacolo animale (whale watching), come ha dimostrato Samuel Étienne (2005) per l'Islanda, con l'abbandono dei porti balenieri (1883-1989; effettivo anche nelle Faroer) e l'aumento delle escursioni in mare trainate da una crescita del turismo senza precedenti. Nel 2009, quasi il 25% dei turisti ha osservato cetacei in Islanda (Cunningham et al., 2012). Questi autori ritengono che il turismo sia compatibile con la caccia e che alla fine prevarrà, non da un punto di vista etico ma economico; la caccia alle balene si sta quindi evolvendo, come altre attività venatorie, verso l'osservazione (Chanteloup, 2015; Delmas e Guillaume, 2018).
Fotografia 9. Antica stazione baleniera di Við Áir (isola di Streymoy)
Visualizza in alta risoluzione. Foto: Fabien Pouillon, marzo 2018. |
Conclusione : la grindadráp, condannata a scomparire per l’inquinamento degli oceani più che per le mobilitazioni internazionali?
Al centro dell'ambiente inteso come produzione sociale, la grindadráp è un prisma per giudicare lo stato di una società. Avendo finora dimostrato la sua resilienza di fronte alla mobilitazione internazionale attraverso il suo adattamento (intrinseco modificando metodi e strumenti, ed estrinseco per il suo ruolo sociale coesivo), tuttavia la pratica è compromessa dal degrado delle condizioni ambientali (Fielding, 2010). Con l'inquinamento degli oceani, i cetacei - al vertice della catena alimentare - accumulano nei loro corpi sostanze inquinanti (principalmente mercurio e PCB) che possono causare problemi di salute e influire sulla loro commestibilità. Negli ultimi decenni, le autorità sanitarie delle isole Faroer hanno raccomandato alle persone di limitare la percentuale di carne di cetacei nella loro dieta; dal 2012, è stato addirittura consigliato loro di non consumarla più (Weihe e Joensen, 2012). Queste autorità concludono sottolineando l'"amara ironia" di dover chiedere agli abitanti delle isole Faroer di cambiare la loro dieta per l'inquinamento loro inflitto dall'esterno (id.). La dualità spaziale che contrappone un Qui e un Altrove sembra entrare in risonanza con quest'ultimo, dove ironicamente l'esogeno riesce a indebolire la pratica locale in una forma (inquinamento oceanico) che anche le ONG coinvolte nella controversia stanno combattendo, ritrovandosi sullo stesso principio dei difensori della grindadráp.
Da questa tensione intorno alla grindadráp si possono trarre due lezioni generali. La prima è che questa controversia permette di relativizzare il ruolo svolto dai media nella risoluzione dei conflitti; se "far conoscere" il conflitto a volte aiuta a risolverlo, non è questo il caso. Anche se si riscontra un miglioramento delle condizioni di raccolta degli animali, la controversia non è risolta. La seconda è mettere in discussione il posto della natura nelle società del Nord Europa che, nonostante una visione apparentemente condivisa e consensuale, non sono esenti da tensioni sulle questioni ambientali, come hanno dimostrato precedenti lavori (Laslaz, 2014; 2016b).
Bibliografia
Bibliografia
- Bogadóttir Ragnheiður & Olsen Elisabeth Skarðhamar, 2017, “Making degrowth locally meaningful: the case of the Faroese grindadráp”, Journal of Political Ecology, vol. 24, n° 1, p. 504-518 [pdf].
- Cefaï Daniel, 1996, « La construction des problèmes publics. Définitions de situations dans des arènes publiques », Réseaux, vol. 14, n° 75, p. 43-66.
- Chanteloup Laine, 2015, « Du tourisme de chasse au tourisme d’observation, l’expérience touristique de la faune sauvage - l’exemple de la réserve faunique de Matane (Québec) », Téoros [Online], 32-1 | 2013, Online since 15 December 2015.
- Cunningham Paul, Huijbens Edward Hákon & Wearing Stephen Leslie, 2012, “From whaling to whale watching: examining sustainability and cultural rhetoric”, Journal of Sustainable Tourism, vol. 20; n°1, p. 143-161. DOI:10.1080/09669582.2011.632091
- Delmas Antoine, 2017, « Du mythe à la convoitise, rapports ambivalents des humains aux baleines », Historiens et Géographes, n° 439, juillet-août 2017, p. 78-81.
- Delmas Antoine, Guillaume Jacques, 2017, « Des chasseurs de lard aux chasseurs d’images : regard géohistorique de l’homme sur les baleines », conférence au Festival International de Géographie, Saint-Dié.
- Delmas Antoine, Guillaume Jacques, 2018, « La chasse des cétacés, révélatrice des rapports multiples de l’Humanité avec la Planète océane », Géoconfluences, novembre 2018.
- Estebanez Jean, 2017, « Qu’est-ce que la géographie humanimale ? », Historiens et Géographes, n° 439, juillet-août 2017, p. 49-51.
- Estebanez Jean, Gouabault E. & Michalon J., dir., 2013, « Où sont les animaux ? Vers une géographie humanimale », Carnets de géographes, n° 5, 9 p.
- Étienne Samuel, 2005, « Tourisme et environnement polaire : enjeux et perspectives », in André Marie-Françoise, dir., Le monde polaire. Mutations et transitions, Paris, Ellipses, coll. « Carrefours », p. 81-96.
- Fielding Russel, 2010, “Environmental change as a threat to the pilot whale hunt in the Faroe Islands”, Polar Research, vol. 29, n°3, p. 430-438 [pdf].
- Fielding Russel, Davis John E., Singleton Benedict E., 2015, “Mutual Aid, Environmental Policy, and the Regulation of Faroese Pilot Whaling”, Human Geography, vol. 8, n°3, p. 37-48.
- Ingold Tim, 2012, « Culture, nature et environnement. Vers une écologie de la vie », Tracés. Revue de Sciences humaines [En ligne], 22 | 2012, mis en ligne le 21 mai 2014.
- Joensen Jóan Pauli, 2009, Pilot Whaling in the Faroe Islands: History, Ethnography, Symbol, Faroe University Press, Tórshavn, 297 p.
- Kalland Arne, 1993, “Management by totemization: whale symbolism and the anti-whaling campaign”, Arctic, vol. 46, n°2, p. 124–133 [pdf].
- Kerins Seán P., 2010, A thousand years of whaling: a Faroese common property regime, CCI Press, Edmonton, 193 p.
- Laslaz Lionel, 2005, Les zones centrales des Parcs Nationaux alpins français (Vanoise, Ecrins, Mercantour) : des conflits au consensus social ? Contribution critique à l’analyse des processus territoriaux d’admission des espaces protégés et des rapports entre sociétés et politiques d’aménagement en milieux montagnards, thèse de doctorat en géographie, Université de Savoie, 2 vol., 644 p.
- Laslaz Lionel, 2014, “Is a dam an obstacle to sustainable tourism in Iceland’s mountains?”, in Debarbieux Bernard et al. (eds.), Tourism in Mountain Regions: Hopes, Fears and Realities, Sustainable Mountain Development Series. Geneva, Switzerland: UNIGE, CDE, SDC, p. 60-61.
- Laslaz Lionel, 2015, « conflit environnemental », Hypergéo,.
- Laslaz Lionel, 2016a, Avide d’espaces, vol. 2. Mémoire inédit : Protéger en montagne. Une polémogéographie des politiques environnementales au défi de l’acceptation sociale, Diplôme d’Habilitation à Diriger des Recherches, Université Savoie Mont-Blanc, 437 p.
- Laslaz Lionel, 2016b, « Image à la une. Kárahnjúkar, le diable dans l’éden. Hydroélectricité et espaces protégés en Islande », Géoconfluences, septembre 2016,
- Laslaz Lionel, à paraître 2019, « conflit environnemental », in Bénos Rémi et al. (coord.), Dictionnaire critique de l’anthropocène, CNRS éditions.
- Mounet Coralie, 2007, Les territoires de l’imprévisible. Conflits, controverses et « vivre ensemble » autour de la gestion de la faune sauvage « à problème ». Le cas du loup et du sanglier dans les Alpes françaises, Thèse de doctorat de géographie, Université Joseph Fourier Grenoble I, 564 p.
- NAMMCO, 2016, Instruction manual on Pilot whaling, 23 p.
- Pouillon Fabien, 2018, Le grindadráp aux Îles Féroé. Entre tradition locale et mobilisation internationale, approche géographique d’un conflit environnemental à fort gradient scalaire, mémoire de Master 1 Géographies & Montagnes, Université Savoie Mont Blanc, 79 p. + annexes.
- Raoulx Benoît, 1990, « Autonomie politique et changement social dans une société halieutique : le cas des îles Féroé », Norois, n° 146, Avril-Juin 1990, p. 131-146.
- Raoulx Benoît, 1992, Les îles Féroé, Caen, Editions de l’Institut Culturel Danois / Presses Universitaires de Caen, 171 p.
- Retaillé Denis, 2005, « L’espace mobile », in Giraut Frédéric et Antheaume Benoît, dir., Le Territoire est mort, Vive les Territoires ! Une (re)fabrication des territoires, au nom du développement, Paris, IRD Editions, p. 175-201.
- Singleton Benedict E. & Fielding Russel, 2017, “Inclusive hunting: examining Faroese whaling using the theory of socio-cultural viability”, Maritime Studies, vol. 16, n°1, p. 430-438 [pdf].
- Tricot Anne, 1998, « L’empire du milieu » : quand une controverse environnementale interroge la conception et la conduite d’un projet autoroutier, thèse de doctorat en géographie et aménagement, Université de Pau et des Pays de l’Adour, 465 p.
- Van Ginkel Rob, 2005, “Killing giants of the sea: contentious heritage and the politics of culture”, Journal of Mediterranean Studies, vol. 15, n° 1, p. 71-98. ISSN: 1016-3476
- Van Ginkel Rob, 2007, “Gentle giants, barbaric beasts and whale warriors: Contentious Traditions, Eco-Political Discourse and Identity Politics”, MAST, vol. 6, n° 1, p. 9-43.
- Watson Paul, 2015, Earthforce. Manuel de l’éco-guerrier, Arles, Actes Sud, 192 p.
- Weihe Pál & Joensen Høgni Debes, 2012, “Dietary recommendations regarding pilot whale meat and blubber in the Faroe Islands”, International Journal of Circumpolar Health, vol. 71, n° 1, p. 5.
- Zimmermann Maurice, 1933, États scandinaves. Régions polaires boréales, tome III, Géographie Universelle, Paris, Armand Colin, 328 p.
Filmografia
- Day Mike, 2016, “The Islands and the Whales”, documentario, Intrepid Cinema
Sitografia
- Bloody Fjords 2016/17 (s. d.), Sea Shepherd Global.
- Statistics Faroe Islands, (s. d.).
- Operation GrindStop 2014, Conferenza stampa, 26 giugno 2014.
- http://www.whaling.fo/en/home/.
Fabien POUILLON,
Master 2 géographie et aménagement de la montagne, Université Savoie Mont Blanc
Lionel LASLAZ,
Maître de conférences HDR en géographie, Université Savoie Mont Blanc, Laboratoire EDYTEM, UMR 5204 CNRS / Université Savoie Mont Blanc
Tradotto dal francese da Cesare CENSI,
Direttore scientifico della rivista Il Polo
Impaginazione web: Jean-Benoît Bouron
Per citare l'articolo:
Fabien Pouillon et Lionel Laslaz, "La grindadráp nelle Isole Faroer : approccio geografico di una controversia ambientale", Géoconfluences, aprile 2019.
URL: https://geoconfluences.ens-lyon.fr/programmes/dnl/dnl-hg-italien/grindadrap-feroe-it
Pour citer cet article :
Fabien Pouillon, Lionel Laslaz, Traduction : et Cesare Censi, « La grindadráp nelle Isole Faroer : approccio geografico di una controversia ambientale », Géoconfluences, janvier 2020.
https://geoconfluences.ens-lyon.fr/programmes/dnl/dnl-hg-italien/grindadrap-feroe-it